lunedì 15 dicembre 2014

Knife Party - Abandon Ship


1) Reconnect
2) Resistance
3) Boss Mode
4) EDM Trend Machine
5) 404
6) Begin Again
7) Give It Up
8) D.I.M.H.
9) Micropenis
10) Superstar
11) Red Dawn
12) Kaleidoscope



Quando un artista decide di dare vita ad un nuovo progetto in che modo ci poniamo verso di esso? Probabilmente se l'artista in questione ha già realizzato in passato qualcosa di nostro gradimento ci aspettiamo che gli standard della novità rispecchino quelli dei suoi progetti passati, mentre se non lo apprezziamo particolarmente abbiamo la speranza che questa sia la volta buona per ascoltare qualcosa di meritevole, degno di nota. Quello di Rob Swire e Gareth McGrillen corrisponde al primo caso, per lo meno in parte.
I due produttori erano le menti alla base del gruppo drum & bass Pendulum, un gruppo che con il suo travolgente sound a metà tra rock ed elettronica ha contribuito a far arrivare questo genere considerato di nicchia a livelli impensabili, realizzando tre album di qualità eccelsa e diventando un punto di riferimento per chiunque decida di accostarsi per la prima volta a questo tipo di musica. Con queste premesse non vi risulterà difficile immaginare il dispiacere dei loro fan quando Rob Swire annunciò di voler accantonare il progetto Pendulum definendolo "roba da scuola elementare" per dedicarsi a tempo pieno con il suo amico Gareth al progetto Knife Party, maggiormente incentrato su generi come la dubstep e l'electro house. Sempre Rob Swire affermò che non c'era più la voglia e la gioia di fare qualcosa con i Pendulum, era diventato più un obbligo che una passione.
Il fatto di cercare nuovi stimoli e di divertirsi con la musica dovrebbe essere alla base di un vero artista e Rob Swire centra il punto, ma il nuovo risultato sarà all'altezza dei vecchi lavori dei due produttori e riuscirà a soddisfare i loro fan oppure li farà rimpiangere di non avere più nelle orecchie della buona musica?


Abandon Ship è il primo album del duo australiano che in precedenza aveva pubblicato 3 EP dalle sonorità molto originali e personali, anche se nell'ultimo si erano cominciati a intravedere i primi passi falsi dovuti ad un eccessivo riciclaggio di questa formula sì vincente, ma che alla lunga stanca. Dunque con questo primo lavoro esteso il gruppo aveva la possibilità di rinnovarsi proponendo delle novità nel loro sound e una maggiore varietà di stile. E questo è quello che è avvenuto, ma forse si è esagerato. L'album presenta 12 tracce molto diverse tra loro, prodotte con grande qualità compositiva e nella maggior parte dei casi ben studiate ma che tra di loro non riescono a formare un legame forte, una linearità.
In particolare alcuni pezzi come D.I.M.H. o Superstar che sono delle buone tracce adatte per le serate nei club, molto godibili e dalle atmosfere gustosamente dance (soprattutto la seconda), non sono riconducibili e rintracciabili come lavori realizzati dai Knife Party perché presentano pochissimi elementi appartenenti al loro vecchio stile. Questo non deve essere visto come un aspetto negativo dato che non è da tutti riuscire ad essere così versatili affrontando tanti generi diversi, e senza questa voglia di spaziare su più fronti non avremmo mai avuto modo di ascoltare le fantastiche Begin Again e EDM Trend Machine, con la prima che ci regala nuovamente l'incredibile voce di Rob Swire sparita dai tempi dei Pendulum su una base a metà tra il pop e l'house e la seconda ricca di influenze provenienti da molte sfaccettature diverse dell'house. Bisogna però considerare che questi brani dovranno essere proposti dal vivo, vera prova del nove per i produttori e i loro lavori, in un mix coerente e omogeneo.
Il rischio di proporre qualcosa di confuso che non si leghi bene alle loro precedenti produzioni è dietro l'angolo. Cercare di fare un poker con queste carte dai toni più raffinati e con delle carte più grezze come Boss Mode, cannonata drumstep e trap o come Micropenis, 404, e Resistance che si rifanno in modo efficace al loro classico stile electro house che abbiamo imparato ad apprezzare può essere complicato. Un discorso a parte va fatto per le fantastiche Kaleidoscope e Reconnect e per le loro atmosfere drammatiche, perfette per creare un po' di tensione a inizio e fine album. Un vero peccato che Reconnect sia solo un intro visto che si erge sopra la maggior parte degli altri brani del disco in quel breve minuto e mezzo.
Red Dawn è un grande punto interrogativo, interessanti le sonorità orientali ma nel complesso il pezzo è piuttosto anonimo. Non riuscirete invece a scordarvi facilmente di Give It Up, miglior traccia di questo lavoro e una delle migliori mai prodotte dal duo australiano da quando hanno iniziato questo progetto. Il loro classico stile riceve una ventata di freschezza e il risultato è un pezzo drumstep con influenze reggae che ricorda molto Bonfire ma con atmosfere più cupe. Un gioiello imperdibile.


In conclusione, Abandon Ship rappresenta un lavoro valido con alcune tracce godibili, alcune rivedibili e poche memorabili, prodotto in modo egregio e accurato ma debole di personalità. Potremmo definirlo un album camaleontico, capace di cambiare stile con disinvoltura e tranquillità andando a spezzettare quello che era un sound inconfondibile a favore di una più vasta gamma di sfumature. Certo è che i vecchi fan dei Pendulum si aspettano molto di più dai due australiani e attendono con ansia il preannunciato ritorno del gruppo, sperando che Rob Swire si sia giustamente divertito un po' con questo progetto e che torni a far divertire i suoi fan ai livelli di un tempo. Perché nella musica ci sono gli artisti ma ci sono anche gli ascoltatori e bisogna essere in grado di far convivere o almeno bilanciare le due cose.


VOTO: 7-





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