1)
Reconnect
2)
Resistance
3) Boss
Mode
4) EDM
Trend Machine
5) 404
6) Begin
Again
7) Give
It Up
8)
D.I.M.H.
9)
Micropenis
10)
Superstar
11) Red
Dawn
12)
Kaleidoscope
Quando un artista decide di dare vita ad un nuovo progetto in
che modo ci poniamo verso di esso? Probabilmente se l'artista in questione ha
già realizzato in passato qualcosa di nostro gradimento ci aspettiamo che gli
standard della novità rispecchino quelli dei suoi progetti passati, mentre se
non lo apprezziamo particolarmente abbiamo la speranza che questa sia la volta
buona per ascoltare qualcosa di meritevole, degno di nota. Quello di Rob
Swire e Gareth McGrillen corrisponde al primo caso, per lo meno in
parte.
I due produttori erano le menti alla base del gruppo drum & bass Pendulum, un gruppo che con il suo travolgente sound a metà tra
rock ed elettronica ha contribuito a far arrivare questo genere considerato di
nicchia a livelli impensabili, realizzando tre album di qualità eccelsa e
diventando un punto di riferimento per chiunque decida di accostarsi per la
prima volta a questo tipo di musica. Con queste premesse non vi risulterà
difficile immaginare il dispiacere dei loro fan quando Rob Swire annunciò di
voler accantonare il progetto Pendulum definendolo "roba da scuola
elementare" per dedicarsi a tempo pieno con il suo amico Gareth al
progetto Knife Party, maggiormente
incentrato su generi come la dubstep
e l'electro house. Sempre Rob Swire
affermò che non c'era più la voglia e la gioia di fare qualcosa con i Pendulum,
era diventato più un obbligo che una passione.
Il fatto di cercare nuovi
stimoli e di divertirsi con la musica dovrebbe essere alla base di un vero
artista e Rob Swire centra il punto, ma il nuovo risultato sarà all'altezza dei
vecchi lavori dei due produttori e riuscirà a soddisfare i loro fan oppure li
farà rimpiangere di non avere più nelle orecchie della buona musica?
Abandon
Ship è il primo album del duo australiano che in precedenza aveva
pubblicato 3 EP dalle sonorità molto originali e personali, anche se
nell'ultimo si erano cominciati a intravedere i primi passi falsi dovuti ad un
eccessivo riciclaggio di questa formula sì vincente, ma che alla lunga stanca.
Dunque con questo primo lavoro esteso il gruppo aveva la possibilità di
rinnovarsi proponendo delle novità nel loro sound e una maggiore varietà di
stile. E questo è quello che è avvenuto, ma forse si è esagerato. L'album
presenta 12 tracce molto diverse tra loro, prodotte con grande qualità
compositiva e nella maggior parte dei casi ben studiate ma che tra di loro non
riescono a formare un legame forte, una linearità.
In particolare alcuni pezzi
come D.I.M.H. o Superstar che sono delle buone tracce adatte per le serate nei club,
molto godibili e dalle atmosfere gustosamente dance (soprattutto la seconda),
non sono riconducibili e rintracciabili come lavori realizzati dai Knife Party
perché presentano pochissimi elementi appartenenti al loro vecchio stile.
Questo non deve essere visto come un aspetto negativo dato che non è da tutti
riuscire ad essere così versatili affrontando tanti generi diversi, e senza
questa voglia di spaziare su più fronti non avremmo mai avuto modo di ascoltare
le fantastiche Begin Again e EDM Trend Machine, con la prima che ci
regala nuovamente l'incredibile voce di Rob Swire sparita dai tempi dei
Pendulum su una base a metà tra il pop
e l'house e la seconda ricca di
influenze provenienti da molte sfaccettature diverse dell'house. Bisogna però considerare che questi brani dovranno essere
proposti dal vivo, vera prova del nove per i produttori e i loro lavori, in un
mix coerente e omogeneo.
Il rischio di proporre qualcosa di confuso che non si
leghi bene alle loro precedenti produzioni è dietro l'angolo. Cercare di fare
un poker con queste carte dai toni più raffinati e con delle carte più grezze
come Boss Mode, cannonata drumstep e trap o come Micropenis, 404, e Resistance che si rifanno in modo efficace al loro classico stile electro house che abbiamo imparato ad
apprezzare può essere complicato. Un discorso a parte va fatto per le
fantastiche Kaleidoscope e Reconnect e per le loro atmosfere
drammatiche, perfette per creare un po' di tensione a inizio e fine album. Un
vero peccato che Reconnect sia solo un intro visto che si erge sopra la maggior
parte degli altri brani del disco in quel breve minuto e mezzo.
Red Dawn è un grande punto
interrogativo, interessanti le sonorità orientali ma nel complesso il pezzo è
piuttosto anonimo. Non riuscirete invece a scordarvi facilmente di Give It Up, miglior traccia di questo
lavoro e una delle migliori mai prodotte dal duo australiano da quando hanno
iniziato questo progetto. Il loro classico stile riceve una ventata di
freschezza e il risultato è un pezzo drumstep
con influenze reggae che ricorda
molto Bonfire ma con atmosfere più
cupe. Un gioiello imperdibile.
In conclusione, Abandon Ship rappresenta un lavoro valido con
alcune tracce godibili, alcune rivedibili e poche memorabili, prodotto in modo
egregio e accurato ma debole di personalità. Potremmo definirlo un album
camaleontico, capace di cambiare stile con disinvoltura e tranquillità andando
a spezzettare quello che era un sound inconfondibile a favore di una più vasta
gamma di sfumature. Certo è che i vecchi fan dei Pendulum si aspettano molto di
più dai due australiani e attendono con ansia il preannunciato ritorno del gruppo,
sperando che Rob Swire si sia giustamente divertito un po' con questo progetto
e che torni a far divertire i suoi fan ai livelli di un tempo. Perché nella
musica ci sono gli artisti ma ci sono anche gli ascoltatori e bisogna essere in
grado di far convivere o almeno bilanciare le due cose.
VOTO: 7-
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