domenica 23 novembre 2014

Foo Fighters - Sonic Highways



1) Something From Nothing
2) The Feast And The Famine
3) Congregation
4) What Did I Do? / God As My Witness
5) Outside
6) In The Clear
7) Subterranean
8) I Am A River


Hanno suonato nelle location più grandi e suggestive del pianeta. Hanno inciso canzoni che verranno ricordate nel corso degli anni come classici. Due dei loro album hanno vinto il Grammy Award per il miglior album rock, uno di questi album è stato realizzato nel garage del frontman Dave Grohl e registrato su nastro nel 2011, rinunciando alle moderne tecnologie che permettono correzioni tecniche e molto altro. I Foo Fighters hanno sperimentato molte esperienze nella loro carriera, cercando sempre nuovi modi di mettersi in gioco, di superarsi, approcci diversi per rinnovare nei loro cuori l'ebbrezza della prima volta. Le novità e i rischi non li spaventano, e perciò anche questa volta si sono cimentati in qualcosa che per loro rappresentava un'ulteriore staccionata da superare, così da raggiungere un appagamento personale e poter dire:"Abbiamo superato anche questa".


Con Sonic Highways l'obiettivo ambizioso questa volta era di registrare otto canzoni in otto studi di registrazione statunitensi diversi, ovviamente situati in otto città diverse. Otto, perché questo è l'ottavo album del gruppo. Per aggiungere un ulteriore gusto di sfida, il testo di ogni canzone doveva essere finito di scrivere e registrato durante l'ultimo giorno all'interno dello studio per poi passare a quello successivo, in modo che Dave Grohl potesse carpire fino in fondo tutte le emozioni e le impressioni ricevute da ogni città. In più, ogni canzone vede la collaborazione di uno o più musicisti risiedenti nella città in cui si svolgevano le registrazioni. Un progetto imponente. Inutile dire che la pressione delle scadenze in questi casi diventa pesantissima e si rischia di non riuscire a lavorare con serenità e precisione. Ma i Foo Fighters ormai hanno esperienza da vendere e superano anche questa sfida, realizzando un buon disco dal sapore fresco nonostante tenda a delle sonorità per certi versi classiche.
La doppietta iniziale composta da Something From Nothing e The Feast And The Famine farà terra bruciata ai loro concerti. La prima è un lento climax che esplode in una raffica di colpi in cui Dave Grohl conferma tutte le sue grandi doti vocali cantando con tre stili diversi. Altro pregio al quale ormai i nostri cinque ci hanno abituato è il sapiente utilizzo delle tre chitarre impugnate da Grohl stesso, Pat Smear e Chris Shiflett che si intrecciano tra arpeggi, riff e assoli creando un muro sonoro imponente. La seconda è la classica canzone tiratissima in pieno stile Foo, sfrenata come un auto da corsa spinta dalla batteria di Taylor Hawkins. Si potrebbe pensare che a causa della snervante situazione in cui si è ritrovato a lavorare, il gruppo abbia deciso di puntare sul sicuro realizzando un disco con pezzi congegnali al loro stile. In realtà queste due sono le uniche canzoni che richiamano ai loro vecchi lavori. Nelle restanti sei c'è un'alta concentrazione di varietà e tanta voglia di cimentarsi su terreni poco visitati in passato. Il miglior risultato di questa sperimentazione lo incarna Outside, un pezzo che verso la metà raggiunge addirittura qualche sfumatura psichedelica e che si erge grazie all'ennesimo splendido sfoggio di talento chitarristico e compositivo. La voglia di libertà e di lasciarsi tutto alle spalle entra dentro e cresce fino a spronarci a uscire dal nostro mondo. Nota di merito per il basso di Nate Mendel che per tutta la durata del brano tiene alta l'atmosfera incalzante. Da non perdere assolutamente.
Piuttosto trascurabile invece In The Clear, piatta e ripetitiva senza mai raggiungere un momento davvero memorabile. Inserire una traccia così banale in un disco composto solo da otto tracce è un grave errore, comprensibile viste le condizioni nelle quali il gruppo ha lavorato ma poco giustificabile. Congregation è un altro brano energico che conferma la particolare attenzione posta dal gruppo sulla costruzione delle tracce. Uno di quei pezzi da mettere su mentre si è in macchina con gli amici e i finestrini spalancati. What Did I Do? / God As My Witness è probabilmente il brano che più si discosta dal classico stile dei Foo Fighters, con molti stacchi di ritmo e sonorità di fine anni 80, quelle dei Bon Jovi per intenderci. Un buon pezzo ma in alcuni punti (soprattutto la parte finale) risulta un po' fiacco e privo di spessore. Le due tracce che chiudono il disco sono tra le più lunghe che il gruppo abbia mai scritto: Subterranean e I Am A River. I ritmi sfrenati vengono messi da parte per lasciare spazio a due brani dalle atmosfere dolci, segno di una grande versatilità del gruppo. La seconda in particolare è una ballad ricca di emozione, con un intro da pelle d'oca e nonostante i suoi 7 minuti non riscontra momenti di calo, complice una performance di alto livello da parte di tutti i cinque componenti.


I Foo Fighters non riescono a raggiungere il risultato sensazionale del loro precedente capolavoro Wasting Light e mostrano qualche sbavatura in vari momenti dell'album. Ciononostante ci consegnano un lavoro più che soddisfacente, ben strutturato che mostra molto chiaramente tutto il grande lavoro che c'è stato dietro. Un disco che suona proprio come un omaggio alle otto città in cui è stato realizzato, con stili diversi e un'energia positiva costante. Da elogiare in modo particolare lo spirito con il quale questo gruppo si è approcciato alla sua creazione, uno spirito che continua a tenerli sulla cresta dell'onda come uno dei gruppi rock più grandi degli ultimi anni. Se pensavate che fosse un gruppo in declino dovrete ricredervi almeno un po'. Hanno superato anche questa, non al cento per cento ma l'hanno superata.


VOTO: 7,5




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